L’evoluzione degli effetti visivi: dal sogno analogico alla rivoluzione dell’intelligenza artificiale

Pubblicato il 18 luglio 2025 alle ore 12:36
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Negli ultimi cinquant’anni, il cinema ha vissuto una trasformazione radicale, passando da un’arte artigianale basata sulla pellicola a un universo digitale in continua espansione. Una rivoluzione silenziosa ma potente, che ha richiesto decenni per consolidarsi. E se oggi il digitale è lo standard, lo dobbiamo in gran parte alla visione ostinata di un uomo: George Lucas.

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George Lucas. Regista e Produttore

Con la creazione della ILM Industrial Light & Magic, Lucas non si è limitato a realizzare effetti speciali per i suoi film. Ha costruito, mattone dopo mattone, l’industria moderna degli effetti visivi, promuovendo la nascita di strumenti e tecnologie che andavano ben oltre il semplice spettacolo visivo. Dall’editing digitale al sonoro, dalle cineprese ai proiettori, Lucas ha tracciato la rotta per un futuro in cui il cinema non fosse più limitato dai vincoli fisici del mezzo analogico.

Tutto questo è stato possibile grazie alla sua determinazione: quella di un autore che, frustrato dall’attesa tra l’idea e la sua realizzazione su schermo, ha deciso di accelerare il processo creativo spingendosi là dove l’industria tradizionale non osava ancora guardare.

Oggi, Lucas ha lasciato le redini del franchise di Star Wars, ma si può immaginare il suo interesse – se non il suo entusiasmo – di fronte a un’epoca in cui è possibile creare interi film scrivendo soltanto una sceneggiatura, affidando la produzione all’intelligenza artificiale.

Tuttavia, a differenza della rivoluzione digitale degli anni ’90, questa nuova fase non nasce all’interno dell’industria cinematografica. L’AI non è una creatura del cinema, ma della tecnologia. Le aziende che la sviluppano non miravano originariamente a raccontare storie, ma a ottimizzare processi, creare prodotti, analizzare dati.

E qui sorge una domanda fondamentale: quale sarà il motore del cambiamento per l’industria cinematografica, ora che l’innovazione arriva dall’esterno? Come potrà il cinema adottare un modello produttivo e creativo completamente nuovo, se questa volta non è l’industria stessa a guidare l’evoluzione?

Una delle famose “botole” del set in miniatura. Da: starwars.com

Già negli anni ’90 molti artisti premiati per gli effetti speciali vissero con fatica il passaggio al digitale. Alcuni lo rifiutarono apertamente, sostenendo – con buone ragioni – che si trattava di un mestiere del tutto diverso. Manipolare materiali fisici, come legno, colla o circuiti elettronici, richiedeva abilità artigianali che almeno apparentemente, mal si conciliavano con i nuovi strumenti digitali, fatti di codici, monitor e tastiere. Così, oggi, modellare in 3D con una tavoletta grafica non è lo stesso lavoro che scrivere un prompt testuale per ottenere un’immagine da un algoritmo.

Oltre a questa trasformazione professionale, c’è un’altra questione cruciale: l’origine dei dati con cui sono stati addestrati i modelli generativi. Gran parte di essi è stata costruita su opere protette da copyright, spesso utilizzate senza il consenso degli autori. Una realtà confermata apertamente anche da Nick Clegg, ex responsabile degli affari globali di Meta, che ha dichiarato:

“Chiedere il permesso agli artisti per addestrare questi modelli ucciderebbe l’industria dell’intelligenza artificiale da un giorno all’altro”.

Un’affermazione che solleva interrogativi etici e legali sempre più urgenti. Le prime azioni legali, come quelle avviate da colossi come Disney, suggeriscono che il futuro sarà turbolento. Ma se la storia ci insegna qualcosa, è che l’evoluzione – nel cinema come in natura – avviene solo attraverso il cambiamento. A volte lento, a volte improvviso, quasi sempre controverso. Ma inevitabile.

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